Abbazia di Fossanova

A Fossanova vi piacerà non solo ammirare l’imponente Abbazia, ma anche passeggiare tra i vicoli del borghetto che la circonda. ​Sarà una sorpresa per voi arrivare in questo borgo dai colori purpurei, dove l’edera arriva fin sui tetti delle case che circondano l’abbazia che, come una signora, si staglia bianca e imponente con il rosone al centro. L’Abbazia di Fossanova risale al XIII secolo e può essere considerata il primo esempio di architettura Cistercense Italiana. Nata come rifacimento del preesistente Monastero Benedettino, esercitò grande influenza su tutte le chiese della regione di quell’epoca. Quando la visiteremo con i frati che la abitano, noteremo l’ elevato pregio architettonico del complesso, dove ci rinfrescheremo nel suggestivo chiostro, cuore dell’intero organismo. Ai quattro lati troviamo poi la chiesa di S. Maria, a croce latina a tre navate, la sala capitolare, il refettori e la cucina. Completano l’insieme abbaziale le case dei pellegrini, il cimitero dei monaci e l’infermeria. Già prima dell’insediamento dei monaci cistercensi, il luogo era stato abitato dai Benedettini che vi avevano costruito un monastero con il titolo di santo Stefano Protomartire, dove aveva dimorato anche Gregorio IV prima dell’827, anno della sua elezione al papato. In seguito, probabilmente verso l’anno mille, il monastero subì quella ristrutturazione ed ampliamento, di cui ancor oggi rimangono, ben conservati, i tre lati romanici del chiostro. Qualche storico affaccia l’ipotesi che i Benedettini si siano insediati sul posto ai primordi dell’Ordine; vi sarebbero stati attratti dall’ambizioso disegno di bonificare la zona, che offriva tanto spazio al loro ideale dell’ora et labora, e dal desiderio di tenere in vita la tenue organizzazione di vita sociale che ancora vi fioriva, attestata ancor oggi dai ruderi di qualche villa romana – persino nel giardino del chiostro è emerso, durante gli scavi di sondaggio, un peristilio di villa romana – e da quelli, più consistenti e ancor oggi visibili, di un complesso termale prospiciente la chiesa. Poiché l’abbazia giaceva in un luogo acquitrinoso, i Cistercensi – che sono passati alla storia con la connotazione di monaci dissodatori e bonificatori e che nei limiti del possibile perseguivano la conduzione diretta dei loro propri possedimenti – iniziarono una capillare opera di bonifica convogliando le acque paludose nel vicino fiume Amaseno. Da questo impulso di rinascita spirituale – sociale – economica deriva, secondo la tradizione tipicamente cistercense, la nuova denominazione, Fossa Nuova, che ha un’allusione trasparente alla vitalità nuova. La chiesa di Fossanova, così come appare oggi, fu iniziata nel 1163 – ma alcuni storici datano l’inizio al 1170, altri ancora al 1187 – secondo un impianto più razionale e funzionale, proprio dell’Ordine e secondo un gusto nuovo che si andava diffondendo nel nord Europa, soprattutto in Francia, dove l’Ordine era sorto. La costruzione della chiesa si protrasse per circa 45 anni – un lungo periodo dovuto ad una forzata sosta negli ultimi decenni del XII secolo causata, probabilmente, dagli attriti tra impero e comuni, in cui tutte le abbazie cistercensi furono coinvolte – e fu definitivamente sistemata, con i rosoni, solo intorno al 1300. Anche l’imperatore Federico Barbarossa contribuì alle spese di costruzione – forse come riparazione ai danni di guerra – secondo quanto era attestato dall’iscrizione sull’arco del portale, ora ricoperta da mosaico: “Fridericus imperator semper augustus hoc opus fieri fecit”. Nel 1208, sotto l’abate Stefano da Ceccano (1205-1212), in seguito eletto cardinale (1212), l’altare della nuova chiesa, secondo la testimonianza del Chronicon Fossae Novae, venne solennemente consacrato da Innocenzo III. Il dinamismo costruttivo dei secoli XII e XIII corrispondeva al periodo di massima vitalità dell’abbazia, attestata dall’attraente bellezza del complesso monastico, ormai ristrutturato in tutte le sue articolazioni. Nel 1274 Tommaso d’Aquino frate domenicano del tempo della Scolastica, venerato come santo dalla Chiesa cattolica vi mori. Già sul finire del XIII secolo, però, e soprattutto dall’inizio del XIV secolo, iniziò per Fossanova un rallentamento di vitalità e di incidenza storica. Tra 1725 e il 1729 il monastero fu onorato dalla visita di numerosi prelati e dello stesso Benedetto XIII. Nel 1780 in esso fu ospite Pio VI, il pontefice che aveva promosso la bonifica della pianura pontina, il quale, spinto anche dal desiderio di venerare alcune reliquie di san Tommaso che nel frattempo erano state rinvenute (1772) dall’abate Pio Piermartini, approfittò dell’occasione per rendersi personalmente conto dei problemi da cui era travagliata l’abbazia. La ripresa, però, ebbe breve durata, perché le truppe francesi di Napoleone, nella prima discesa in Italia, raggiunsero anche Fossanova nel 1798, ne saccheggiarono il monastero, malmenarono e misero in fuga i pochi religiosi, decretarono la soppressione dell’abbazia per incamerarne i beni. Nello stato pietoso in cui era ridotta, l’abbazia, senza porte ed infissi, era esposta all’arbitro di tutti, quando l’inattesa sconfitta delle truppe francesi da parte di Ferdinando IV di Napoli, riaccese le speranze per il ritorno dei monaci. Questi infatti rioccuparono il monastero per il solerte interessamento del francescano conventuale, padre Bonaventura Trulli che, nominato visitatore dell’abbazia di Casamari, riuscì ad ottenere, con l’appoggio del governatore napoletano, anche la restituzione dei beni. Gli altri religiosi rimasero nell’abbazia ancora alcuni anni, per abbandonarla definitivamente quando i napoleonici, essendovi tornati nel 1806, soppressero di nuovo il monastero e la commenda, alienandone ancora i beni. Non si salvò nulla, neppure l’archivio che ci avrebbe potuto fornire tante notizie sulla storia dell’abbazia. Si sa solo che numerosi cimeli, libri, opere d’arte, quadri, oggetti sacri furono depositati negli archivi privernati del Comune e della Cattedrale; restituiti poi all’abbazia nel 1827 quando questa fu affidata ai Padri Certosini, oggi risultano introvabili, forse perché andati irrimediabilmente perduti a causa delle avverse vicende politiche che per tutto l’800 hanno sconvolto la vita dei monasteri. Ultimamente un avvenimento straordinario ha riportato, per un giorno almeno, l’abbazia alla celebrità storica: la visita di Sua Santità Paolo VI, che ha voluto onorare nel luogo la memoria di San Tommaso D’Aquino.