L’Agro pontino e le bonifiche

Ben arrivati nel nostro dolce…Agro pontino. Pochissimo conosciuto, tutto da svelare. Solitamente è associato ad alcuni aspetti: la palude, le bonifiche, il fascismo, l’immigrazione veneta.

Eppure c’è molto altro da conoscere e noi vi introdurremo a realtà umane, storiche, naturalistiche inaspettate! Un museo all’aria aperta, dove si sente l’eco dei sacrifici per strappare la terra all’acqua fin da tempi dei Romani, le grida delle battaglie, le preghiere dei pellegrini, gli insegnamenti dei maestri rurali, le voci delle contadine.

Sono echi e voci da ascoltare, che hanno tanto da dire e noi vorremmo amplificarle.
D’altra parte ci sarà stato un motivo se Lord Byron, Johan Wolfgang von Goethe, Gabriele D’Annunzio, ma anche Gregorovius o Corrado Alvaro – solo per citarne alcuni – ne hanno scritto e se pittori come Giovanni Battista Piranesi, Giulio Aristide Sartorio e Ernest Hebert si spingevano nelle paludi pontine e sfidavano la malaria per afferrare l’intensità del paesaggio.

Eccola dunque un po’ di storia, così arriverete preparati, anche se provvederemo nelle nostre serate a spiegarvi con semplicità e curiosità cosa andremo a fare ogni giorno nelle nostre pedalate e camminate.

Agro Pontino è la denominazione del territorio, un tempo coperto dalle paludi ed oggi bonificato, che corrisponde ad una pianura in gran parte alluvionale delimitata ad ovest e sud dal mar Tirreno, a est dai primi rilievi appenninici dei monti Lepini ed Ausoni, a nord dal medio corso del fiume Astura e dai primi rilievi dei Colli Albani.
Ad esso sono legate le avventure dei Volsci che fondarono Suessa Pometia, da cui probabilmente deriva il nome “pontino” e tentarono le prime bonifiche.

C’è anche la leggenda secondo la quale la palude fu opera della dea Giunone che volle punire così la ninfa Feronia che qui viveva e che era una delle tante amanti di Giove
I Volsci fondarono anche Satricum, dove ancora oggi si scavano i resti del tempio alla Mater Matuta.

In età imperiale, i Romani, grazie alle loro conoscenze idrauliche, riuscirono a strappare alla palude numerosi terreni e permisero la nascita di alcuni centri lungo la Via Appia che attraversa l’area, come Tres Tabernae,Tripontium e Forum Appii, citati negli Atti degli Apostoli. In queste tre città infatti, l’apostolo Paolo si ristorò e fu accolto dalla locale comunità cristiana.
E poi ancora le invasioni barbariche e le paludi che tornarono a ricoprire buona parte dell’area precedentemente bonificata, nonostante i tentativi di salvare la bonifica effettuati da re Teodorico.

Gli assalti dei Saraceni spinsero la maggior parte della popolazione a rifugiarsi sulle montagne.
La nascita di Ninfa nel XII secolo ai margini della palude, riuscì a sottomettere i comuni rivali di Sermoneta e Sezze.
Anche gli abitanti di Ninfa avviarono progetti di bonifica e poterono godere della posizione particolare della loro città, che le consentiva di essere una stazione di dazio obbligata per i traffici da Roma verso il meridione, visto che l’Appia era spesso impaludata.
Ci provò anche Leonardo da Vinci nel cinquecento con un progetto di canali e macchine idrovore, approvato da Papa Leone decimo che non andò mai in porto, ma ispirò fortemente per la sua visionarietà i progetti di bonifica del periodo fascista.

Nel 1900, finalmente, il Parlamento approvò il testo unico sulla bonificazione delle terre paludose, che ribadiva il concetto, a suo tempo espresso, che le opere di bonifica dovessero essere eseguite con il concorso dello Stato.

E arrivano anche le scuole per le poverissime popolazioni che abitavano l’agro pontino. Ecco la scuola sulla via Appia, dove all’inizio del secolo insegnarono Giovanni Cena e Sibilla Aleramo.

Si registra subito dopo la prima guerra mondiale il primo studio organico per la bonifica dell’Agro Pontino, quello eseguito nel 1918 dall’Ing. Marchi del Genio Civile di Roma. In quegli anni si verificò un’evoluzione del concetto di bonifica, come si rileva nei contenuti della Legge Serpieri sulla bonifica integrale del 1933 che introdusse il concetto di bonifica integrale, ovvero bonifica sanitaria affidata prima alla Croce Rossa Italiana e poi all’Istituto Antimalarico Pontino; la bonifica idraulica affidata ai due Consorzi di Bonifica operanti nel territori e la bonifica agraria affidata all’Opera Nazionale Combattenti, istituita nel 1917.

La seconda guerra mondiale trovò il territorio dell’Agro Pontino che era stato appena bonificato. All’interno del territorio erano state realizzate, dopo la bonifica, cinque “Città Nuove”: Littoria poi divenuta Latina, nel 1932, Sabaudia nel 1934, Pontinia nel 1935, Aprilia nel 1937, Pomezia nel 1939; quattordici Borgate Rurali e circa cinquemila poderi realizzati dall’Opera Nazionale Combattenti, dalle Università Agrarie di Sermoneta, Cisterna e Bassiano, nonché dai privati.

Le distruzioni belliche furono devastanti, oltre ai sabotaggi ed alle asportazioni di macchinari da parte delle truppe tedesche, anche perché il fronte di Anzio investì il territorio di bonifica tra Borgo Podgora e la città di Aprilia. Cessata la guerra, dopo un primo periodo di attività intesa alla ricostruzione e riparazione delle opere distrutte e danneggiate dagli eventi bellici, i Consorzi ripresero il loro compito di esecutori di opere pubbliche su concessione dell’ex Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, della Cassa per il Mezzogiorno e, da ultimo, della Regione Lazio. Oggi, si può considerare portata a compimento la definitiva sistemazione idraulica del comprensorio.

l’identità di un luogo è fatta di aspetti umani e naturali e i grandi cambiamenti che hanno trasformato la pianura pontina hanno generato una comunità che pur riconoscendosi in un luogo e in un periodo storico ben determinati, proviene invece da altri luoghi ed è figlia di altre identità. Quei “Contadini del Duce”, che hanno popolato queste terre, hanno portato con loro i semi della civiltà contadina padana e veneta, assieme a quelli da piantare nei campi, trasportando, nel momento più drammatico del Novecento, la storia dei secoli precedenti.

Oggi non c’è più la palude e la malaria e dallo sperone di Norma si scorge il paesaggio che Duilio Cambellotti ha saputo ben rappresentare nei suo affreschi pontini, dove lo sguardo dalle colline arriva fino al bellissimo mare solcato da Enea e Ulisse, passando per un lussureggiante Parco Nazionale del Circeo con i suoi laghi che scintillano come perle. Nelle sue pennellate si coglie una intensa emozione per questa terra.

E’ la stessa che abbiamo noi e che vorremmo presentare a chi non la conosce come fosse un bel quadro.

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